Preside dell’Università degli Studi Economici dal 1 dicembre 1930, Udina ricoprì la carica di Rettore dal 28 ottobre 1938 fino al medesimo giorno dell’anno seguente. Egli fu, effettivamente, il primo Rettore della “Regia Università degli Studi” di Trieste dal momento che solo nel 1938 questo ruolo venne distinto da quello di preside della Facoltà di Economia grazie alla recente attivazione della seconda facoltà, quella di Giurisprudenza e Scienze Politiche. Tale risultato venne raggiunto proprio grazie alla pertinacia e alla dedizione di Udina, da tempo impegnatosi sul fronte dell’ampliamento dell’offerta didattica. Nato a Visignano d’Istria nel 1902, docente di Diritto Internazionale dapprima alla facoltà di Giurisprudenza della neonata Università di Bari e in seguito nel capoluogo giuliano, sin dal 1935 egli aveva attivato un serrato confronto con il ministro Bottai proprio al fine di espandere il nucleo originario dell’Ateneo triestino. La costituzione della facoltà di Giurisprudenza fu un obiettivo conseguito assieme all’assunzione dell’impegno politico da parte del Governo di realizzare un’Università completa di tutte le facoltà, meta che Udina contribuì attivamente a realizzare creando e alimentando la crescita dell’Istituto di Diritto Internazionale e Legislazione Comparata in cui fu attivo anche come docente. L’ambizioso sguardo proiettato sul futuro e il suo fiero attivismo (causa, nel 1939, del commissariamento da parte del ministero) non impedirono a Udina di mantenere alta l’attenzione anche sul recente passato dell’Ateneo dando vita, nel maggio del 1939, al Comitato per la Storia dell’Università di Trieste di cui venne chiamato a far parte il futuro Rettore Mario Viora. Il prestigio del ruolo accademico ma soprattutto l’impegno profuso per la crescita di quella che, in qualche modo, era la “sua” Università, portano Sambo a enfatizzare l’importanza della carica di Udina raffigurandolo con le spalle coperte dal manto di ermellino. L’immobile frontalità della figura vede dunque in questo particolare un amplificatore della severità del personaggio, enfatizzata dalla posa ingessata e dallo sguardo fisso e penetrante. Rappresentato ancora giovane, nella robusta imponenza della figura il Rettore pare ben conscio dell’onore e degli oneri connessi al suo incarico, evidenziato da Sambo attraverso il deciso scarto cromatico e luministico fra il fondale e la toga da un lato, il bordo di pelliccia e il bavero dall’altro. Realizzato attorno al 1937, il dipinto si può stilisticamente collocare a metà strada fra Il Ritratto del Rettore Prof. Alberto Asquini e quello di Giulio Morpurgo (cfr. schede 859180 e 859195): il plastico modellato ottocentesco viene infatti mitigato da una sincerità di visione che richiama moduli novecentisti, evidenti anche nella semplicità dei mezzi e delle tonalità adottate la cui freschezza e «sonorità quasi di squilli» (b., La mostra di Edgardo Sambo, in “Il Piccolo”, XV, 5334, 5 febbraio 1937) aveva fortemente colpito il critico de “Il Piccolo” già in occasione della personale triestina del 1937.