Come per la tela descritta alla scheda OA_125389, anche l’opera in esame proviene dalla collezione De Ferra. Opera estrema nel percorso dell’artista, quella in esame è frutto, come molte altre della serie cui appartiene, di un lungo percorso che, come una sorta di traversata del deserto, vede il pittore trasformarsi in scultore per poi tornare sui suoi passi; a questo punto l’astrazione minimalista degli anni Settanta lascia nuovamente spazio a un’immaginazione debitrice di riferimenti ispirati alla natura: foglie, pietre, cielo e soprattutto, nuvole e vento, che sono gli ultimi temi utilizzati per descrivere, nell’ultimo ritorno alla pittura a partire della metà dagli anni ottanta, quell’ideale di libertà espressiva perseguito tutta la vita.
Una vocazione libertaria e insieme descrittiva che troverà spazio in una delle sue ultime mostre personali allestita alla Galleria Cartesius nell’autunno del 1991, dall’evocativo e triestinissimo titolo Nuvole e vento (Nino Perizi. Nuvole e vento. Acquerelli, catalogo della mostra di Trieste, Galleria Cartesius, a cura di C. Milic, Trieste, Cartesius, 1991): come aveva confidato lo stesso Perizi a Giorgietta Dorfles, si trattava di qualcosa di più complesso e che investiva anche il suo rapporto con il pubblico: «in realtà ho esposto solo una parte dei miei lavori più recenti, si tratta di una serie articolata in centinaia di esemplari: queste nuvole cartacee, acquose, in cui si riflette il mio essere, il mio sentire. Con la tecnica dell’acquerello, il riscontro è immediato e riesco a catturare questi momenti che possono esaurirsi rapidamente; qualche tema l’ho ripetuto anche dieci volte, ma ne resta una sola versione. Ho escluso dalla mostra anche gli acquerelli nei quali le nuvole potevano essere facilmente decifrate: c’è il pericolo che le persone si soffermino troppo nell’individuazione del soggetto, perdendo di vista una corretta e partecipe comprensione del quadro» (G. Dorfles, Le magie di Perizi, “Il Meridiano”, 28 novembre 1991).
L’acquerello quindi come alternativa al naturalismo fotografico, ma anche come strumento di espressione e, in qualche modo, di amore per la vita. Quelle opere, stilisticamente molto vicine a quella in esame, che verrà eseguita l’anno successivo ma che rispecchia pienamente quegli indirizzi tematici e tecnici, avevano entusiasmato la critica, soprattutto, e non poteva essere altrimenti, quella locale, così Sergio Molesi: «l’artista, memore delle sue sculture esternatrici del volo, è partito alla conquista dell’azzurro dei cieli. Qui ha trovato le nubi, le bianche nuvole imbevute di chiarità che certamente gli hanno ricordato il prorompente luminismo che tanti anni prima egli aveva disciplinato nel gesto ordinatore [...] Ma il vento che Nino Perizi, moderno stregone dominatore degli elementi, ha evocato non è il pigro e timido scirocco, ma è la nostra gagliarda e tagliente bora. Ecco allora che Nino Perizi diventa lui stesso vento: il suo gesto nel contempo disgregatore e costruttore dà un senso di ordinata vitalità al rapporto tra il bianco e l’azzurro» (S. Molesi, Trionfo di luce tra Cittavecchia e spazialità, “Trieste Oggi”, 8 novembre 1991).
Forse è anche in relazioni a questi riscontri che due anni dopo l’artista darà alle stampe il volume Nuvole e vento – venticinque acquerelli, curato da Luigi Lambertini, quasi un canto del cigno per il pittore, che si spegnerà l’anno successivo, nel 1994.