Il dipinto di Gastone Breddo, esposto alla Esposizione nazionale di pittura italiana contemporanea allestita nell’aula magna dell’ateneo triestino e quindi acquistato dalla stessa istituzione, era stato sostanzialmente ignorato dalla critica, eccezion fatta per la breve nota di Aurelia Gruber Benco (1953, p. 10), che lo affiancava a Mattia Moreni nel completare “in maggiore rilievo la rosa delle nove presenze astrattiste far le quali la Commissione giudicatrice ha assegnato il primo premio dell’Esposizione alla tela «Cantiere» di Giuseppe Santomaso e il secondo al «Ricordo d’infanzia» di Afro”, sottolineando così gli indirizzi dello schieramento critico che era prevalso. In quegli anni il pittore padovano si poneva infatti tra le intelligenze più raffinate della ricerca astrattista nel Triveneto, come rileverà pochi anni dopo anche Roberto Longhi: “le saldature lievi dei dossi scivolosi su Montepiano, sul Tronale o sul Brasimone si aprono a una nuova iride, o schieratura cromatica, a una gamma ventilata di rossi acquosi, di cinerei, soprattutto di azzurri biavi che mentre intavolano nuovi rapporti con il dato naturale – anche il colore da solo può riuscire a questo – rammentano per altro di esperimenti «orfici» di un Delaunay nel secondo decennio del secolo. Se si tratti di un riscontro esatto o di affinità fortuita non saprei dire: In ogni caso una cultura bisogna pur riconquistarsela e il primo cinquantennio ha toccato tanti mai testi del «cembalo cromatico» (invenzione del resto di un settecentista veneto) che è difficile, nel corso di nuove ricerche, non rintopparne qualcuno” (Longhi 1956, s.n.).
Breddo era stato tra i più entusiasti sostenitori dell’iniziativa promossa dal rettore Ambrosino: “Trovo, naturalmente, eccellente, (e del tutto nuova), la iniziativa di cui Ella è promotore. Constato che l’elenco degli invitati si è notevolmente allargato. Sarebbe lungo discutere talune inclusioni e, del pari, altrettante assenze. È sicuro che l’idea di far discutere le opere esposte da parte di studiosi e critici, è ottima e potrebbe costituire, nel paese, un precedente di vasto interesse”, offrendo quindi la propria disponibilità per “la mia attività critica […] sempre che ciò non precluda la partecipazione alla mostra” (AUT, Busta 59, fasc. corrispondenza).
Una piccola ma interessante annotazione riguarda il titolo dell’opera, una lettera indirizzata dal pittore ad Agostina La Penna, segretaria dell’esposizione, il 15 ottobre 1953, recita infatti così: “le scrivo per pregarla di apportare alla mia scheda di notifica, a suo tempo inviatale, alcune lievi modifiche. Il titolo dell’opera è «Marina con oggetti». La sua dimensione è di cm 130 x 110. Il suo prezzo è di Lire 250.000 - Ho creduto opportuno mutare il quadro per poterne inviare uno di maggiore impegno, anche restando ai saggi consiglio di Lionello Venturi che ha avuto la cortesia, a Venezia, di visitare il mio studio […]” (AUT, Busta 59, fasc. corrispondenza). Nonostante l’avvenuta conferma della segretaria, i dati evidentemente non saranno trascritti, visto che nell’elenco dattiloscritto del 5 novembre di quell’anno il dipinto figurava giunto il 19 ottobre, con il titolo Marina d’inverno e il prezzo fissato a 150.000 lire; dati che non saranno in seguito mutati. Una volta acquistato alla cifra di 100.000 lire il dipinto sarà poi destinato allo studio del professor Sobrero per tornare quindi al Rettorato dove attualmente è esposto.
Il titolo Marina d’inverno è ricorrente in quel momento del catalogo dell’artista: due dipinti così intitolati e datati 1952 erano infatti presenti alla Biennale veneziana di quell’anno (XXVI Biennale di Venezia. Catalogo, Venezia, Alfieri, 1952, p. 98), e nel 1953 anche il Civico Museo Revoltella acquisterà un dipinto di Breddo, di minori dimensioni e intitolato Marina d’Inverno (Il Museo Revoltella, Vicenza, Terra Ferma, 2004, p. 256, n. 311).