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Biografia di Gaetano Kanizsa

Nato a Trieste il 18 agosto 1913 in una città che faceva ancora parte dell'Impero austro-ungarico, si laurea nel ’38 in filosofia a Padova sotto la guida di Cesare Musatti. Dopo la guerra, lavora in importanti centri di ricerca come il Laboratorio di Psicologia dell’Olivetti di Ivrea, l’Università di Firenze dov’è assistente di Metelli, e successivamente l’Università di Milano, sempre come assistente ma di Musatti. Nella sua città natale torna nel 1953 quando vince la cattedra di Psicologia, e li vi rimane fino alla fine della sua carriera.

Da percettologo, la sua attività scientifica è stata quasi esclusivamente rivolta allo studio della percezione visiva, e le sue idee teoriche si sono progressivamente indirizzate verso le tesi gestaltiste. Il periodo triestino è sicuramente il più felice della ricerca di Kanizsa. In quegli anni la sua attenzione si rivolse a due temi, strettamente legati tra loro. Il primo è quello delle modificazioni delle qualità fenomeniche del colore. Il secondo, a cui sarebbe stata poi legata la sua celebrità internazionale, è quello dei “margini quasi percettivi”, secondo il nome scelto allora da Kanizsa; delle figure anomale. Il famoso triangolo con margini quasi percettivi verrà presentato per la prima volta nel 1954 al X Convegno degli psicologi italiani di Chianciano. Di fatto, Kanizsa era ormai diventato il fulcro della ricerca percettologica italiana. Negli anni a venire si occuperà di diversi temi di ricerca di natura percettologica tra i quali, nel 1955, la trasparenza fenomenica, che sarà poi sviluppato soprattutto da Metelli e verso la fine degli anni ’60 il completamento amodale.

Kanizsa fu uno straordinario propulsore culturale della psicologia italiana: nel 1973, con un gruppo di studiosi di lui tanto più giovani, Minguzzi, Vicario, Umiltà, Legrenzi, Luccio, Palmonari, si gettò nell’impresa del “Giornale Italiano di Psicologia”, prima rivista italiana (a dirlo oggi sembra incredibile) che pretendeva il giudizio di due referees per pubblicare un lavoro. Fu uno incredibile inventore di convegni scientifici. Alla fine degli anni ’60 Kanizsa creò gli incontri triestini sulla percezione, istituzionalizzando in modo informale degli incontri che già da diversi anni in modo più sporadico vedevano convergere nell’istituto triestino (e in memorabili spedizioni enogastronomie sul Carso) gli studiosi italiani di percezione, specie del triangolo Padova-Bologna-Trieste, di solito attorno a qualche studioso straniero. Il patto era che non si doveva parlare di ricerche già terminate, ma, nella massima informalità (il programma veniva formulato al momento dell’arrivo degli ospiti), di raccontare ciò che si stava facendo, in modo da poter effettivamente utilizzare i suggerimenti dei colleghi.

Non possiamo dimenticare però un altro lato straordinariamente interessante della sua personalità: quello del Kanizsa pittore. Aveva cominciato a dipingere quasi per caso, ponendo punti neri sulla tela bianca, a formare, senza un progetto iniziale preciso, ma secondo uno sviluppo che si auto organizzava in corso d’opera, forme e strutture per raggruppamento, in ossequio alle leggi figurali. Quest’attività di pittore era cominciata quasi per gioco, ma, negli ultimi anni, dopo aver esposto anche alla Biennale veneziana, aveva raccolto significativi riconoscimenti, di cui egli era particolarmente orgoglioso.

La figura di Gaetano Kanizsa viene ricordata ogni anno con la "Kanizsa Lecture", una lezione magistrale tenuta da scienziati di fama internazionale che hanno sviluppato i loro temi di ricerca in ambiti della percezione e cognizione affini. quelli di Kanizsa.

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