La fotografia rappresenta un momento significativo nel percorso creativo dell'artista. Dopo aver dedicato tempo alla promozione del libro fotografico "Naiade", che documenta la sua esperienza con una malattia degenerativa che l'ha colpita in giovane età, l'artista ha intrapreso una nuova direzione nell'ambito della sua ricerca artistica. Prima dell'inizio della pandemia di Covid-19, si avvicina alla "staged photography" che individua come tecnica privilegiata per esprimere il proprio vissuto in modi innovativi. Questa immagine, un autoritratto messo in scena con la figura dell'artista sulle spalle di un uomo molto alto, in un bosco, riflette la sfida personale dell'artista con le sue limitazioni fisiche. La scelta di utilizzare una macchina fotografica di medio formato con pellicola Kodak Portra 400 è stata guidata dal desiderio di un processo fotografico lento e meditato e dalla magia dell'attesa per i risultati dopo lo sviluppo. Questa fotografia ha dato il via al progetto artistico "When you hear hoofbeats think of horses, not zebras", che integra fotografia e performance. L'arte diventa quindi uno strumento per reinterpretare esperienze personali e raccontare storie che intersecano il proprio vissuto con l’universale. L'intervista in cui Claudia Amatruda racconta la genesi dell'opera si può leggere su https://www.phom.it/la-cartabianca-di-claudia-amatruda/. L'opera è pervenuta nelle collezioni dell'Ateneo triestino grazie alla donazione dell'autrice nell'importante occasione del Centenario dell'Istituzione ed è stata esposta al Castello di San Giusto nel 2024 alla mostra “1924-2024. Un secolo di storia dell’Università degli Studi di Trieste. Immagini e documenti”.