Preside della facoltà di Economia dal novembre del 1943 allo stesso mese del 1952, Agostino Origone succede a Rodolfo Ambrosino nella carica di Rettore dal 1958 al 1972. Importanti trasformazioni interessano l’Ateneo triestino in questo periodo, a partire dalla condivisione con le altre università italiane dei problemi derivanti dalle contestazioni del mondo studentesco: un problema, questo, che sebbene non conosca radicalizzazioni analoghe a quelle osservabili nel resto della Penisola consiglia comunque al Rettore di sospendere le cerimonie di inaugurazione dell’anno accademico, riprese solamente all’inizio degli anni Ottanta durante la reggenza Fusaroli. Se sul fronte interno si registrano dati positivi come l’inaugurazione della prima Casa dello Studente (1960) e, nel 1967, la creazione della facoltà di Medicina e Chirurgia (che aumenta l’offerta formativa a nove corsi di laurea), sul versante esterno Origone si trova costretto a fronteggiare le pressioni esercitate da Udine per ospitare insediamenti universitari finalizzati alla costituzione di un polo autonomo. Le limitate concessioni con cui cerca di arginare questa situazione si risolvono nella dislocazione del biennio di Lingue e letterature straniere nel capoluogo friulano, provvedimento che causa alcuni malumori negli ambienti più conservatori dell’ateneo giuliano.
Dominato dalla possente figura di Origone, nel suo estremo ma assolutamente non algido realismo il dipinto sembra appellarsi ai canoni della ritrattistica ottocentesca. L’evidenza dei dati fisionomici è ottenuta con una definizione puntale e una visione che, pur mancando di idealizzazione, affida alla pennellata morbida e alle calde tonalità adottate il compito di addolcire la composizione. Tocchi allungati e ampie ombre concentrate nella parte sinistra della tela contribuiscono alla tornitura plastica delle forme senza però che questo modo di procedere intacchi la cura con cui sono resi i pochi particolari dell’opera. Il fazzoletto nel taschino, la cravatta e gli occhiali dalla spessa montatura così come la precisa scriminatura che disciplina i capelli argentati del Rettore assumono quasi il ruolo di indicatori caratteriali del personaggio, un intellettuale pacato e riservato che, pur essendo incline alla mediazione per la pacifica risoluzione dei conflitti, non intende recedere dall’ideale di prestigio approntato dai suoi predecessori (e da lui perseguito) per il bene dell’ateneo giuliano.
Nato a Shangai nel 1954 e attualmente residente a Padova, Zhou Zhiwei si è dedicato all’arte sin dall’infanzia dapprima sotto la guida di Yu Yunjie e Liu Kemin e successivamente seguendo i corsi dell’Accademia di Belle Arti della sua città. Giunto in Italia nel 1980 ha frequentato gli atelier di maestri del contemporaneo come Pietro Annigoni, Giacomo Manzù, Gregorio Sciltian e Riccardo Tommasi Ferroni senza trascurare nel contempo lo studio degli artisti nel passato, condotto visitando i principali musei del continente. Pur animato da una vivace vena poetica, nella sua opera Zhiwei si ispira alla varietà delle situazioni e dei “tipi” che animano il mondo, fonte di quell’inestimabile varietà e verità che, secondo lui, devono rimanere i soggetti privilegiati del fare artistico. L’atmosfera di sospensione percepibile nei suoi lavori se può essere letta come il retaggio di una più attuale Nuova Oggettività, è parallelamente il frutto della curiosa combinazione fra una visione semplice, che sola garantisce la sincerità del lavoro pittorico, e la piena consapevolezza della propria perizia tecnica. Autore di incisivi ritratti fra cui quello del presidente della Provincia di Pordenone Pavan e di numerosi critici di ambito nazionale, dal 1980 l’artista è stato protagonista di mostre personali in spazi pubblici e gallerie private che, partendo dal Triveneto, l’hanno spesso condotto all’estero. Insignito nel 2008 della targa del Presidente della Repubblica italiana, nello stesso anno Zhiwei è stato chiamato a partecipare alla collettiva realizzata a Pechino in occasione dei Giochi Olimpici.